Pazienza by Gabriella Caramore

Pazienza by Gabriella Caramore

autore:Gabriella, Caramore [Caramore, Gabriella]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Filosofia, Voci
ISBN: 9788815318633
editore: Societa editrice il Mulino Spa
pubblicato: 2014-10-14T22:00:00+00:00


Mi piace pensare che questa «umanità» della morte di Mosè sia quella che getta una scheggia di luce in ogni cammino verso Canaan.

Alla fine di settembre del 1944, Dietrich Bonhoeffer, rinchiuso nel carcere di Tegel, a Berlino, sa che ormai il suo coinvolgimento nei preparativi per la congiura contro Hitler è stato scoperto, e non si aspetta altro che la condanna e la fine. All’amico Eberhard Bethge spedisce una sua poesia dedicata a La morte di Mosè. Mosè è una delle figure bibliche che più hanno accompagnato Bonhoeffer nel corso della sua vita.

In questa poesia, nel ritmo pensante dei versi, Bonhoeffer fa esegesi dei versetti biblici sulla morte di Mosè, ma anche della propria morte imminente. Con particolare trasparenza Bonhoeffer si specchia negli occhi di Mosè e in ciò che vedono; si affaccia fin sull’orlo del cuore di Dio e di ciò che ha in serbo per lui e per il suo popolo; allunga lo sguardo fino alla striscia di terra che delimita il perimetro della promessa e della libertà.

Gli occhi di Mosè, «l’uomo di Dio, il profeta», «scrutano intenti la santa terra promessa [...] guardano e guardano cose lontane». Sono occhi «vecchi» quelli di Mosè, ma proprio per questo sono di nuovo capaci di assorbire la luce. Anche negli occhi – ben più giovani – di Dietrich Bonhoeffer, chi gli viveva accanto testimonia di aver visto brillare una luce: quella luce che fa di lui – del suo pensiero e della sua esistenza – qualcosa di cui non può fare a meno chi si interroghi sul rapporto tra la libertà e la grazia, tra la fede di un mondo che non crede più alle favole e l’abbandono fiducioso nelle mani di Dio.

Come Mosè, anche Bonhoeffer muore con profonda tristezza nel cuore. La tristezza di chi ama la vita e sa che cosa perde nel lasciarla. La tristezza, anche, di chi sa che il mondo, «anziché nutrirsi di pane e di grazia», si lascia nutrire dall’infedeltà e dall’idolatria: «Tutti coloro che ti giurarono fedeltà [...] hanno distolto il loro cuore da te», «non uno è rimasto con te fedele e giusto».

Pure, nel buio di quella tristezza, fuochi di luce forano la notte. Non solo perché Dio, ai suoi eletti, ai suoi profeti, concede «la morte su un erto monte, non nella bassura dei nani». Ma soprattutto perché se gli umani sono infedeli, Dio è fedele. Questa la sua pazienza, non smentita, e neppure contraddetta, dall’ira, dalla collera, talvolta dal furore.

«Così mantieni, Signore, quel che hai promesso, mai hai mancato con me alla tua parola. La tua grazia salva e redime, la tua ira è giusto castigo e riprovazione».

L’infedeltà degli uomini e delle donne non è cosa nuova sotto il sole. Sia Mosè che Bonhoeffer ne hanno fatto abbondante esperienza. Ma nuovo, rigenerante, splendente è il rinnovarsi della fedeltà di Dio.

Porgi dunque al dubbioso la bevanda amara

e la fede ti renderà lode e grazie.

Per me hai fatto cose mirabili,

l’amarezza hai trasformato in dolcezza,

attraverso il velo della morte fammi vedere

il mio popolo che si reca alla solenne festa.



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